Cattive notizie per gli estimatori dell’olio d’oliva Made in Italy: quest’anno la produzione è crollata del 38%, poiché sono stati raccolti appena 265 milioni di olive. Era ormai da diversi anni che non si vedeva un valore così basso, e si spera che sia solo una disavventura passeggera.

Tali dati allarmanti sono stati elaborati dall’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) e sono stati divulgati in occasione della “Giornata nazionale dell’olio extravergine di oliva italiano“, che si è tenuta al Villaggio Coldiretti, inaugurato venerdì scorso al Circo Massimo di Roma.

Si è parlato molto delle cause che avrebbero portato ad un epilogo così drammatico, e sembra che il maggiore responsabile sia Burian, ovvero un vento gelido, che provoca crolli delle temperature improvvisi e consistenti. Tuttavia, hanno avuto un ruolo determinante anche i venti accompagnati da pioggia, che si sono verificati in fase di fioritura.

La Coldiretti, ciononostante, ha tenuto ha precisare che “le previsioni classificano l’Italia come secondo produttore mondiale nel 2018-2019”. La regione più produttiva si confermerebbe la Puglia, con 87 milioni di chili, nonostante sia stato registrato un brutale calo del 58%. Al secondo posto, invece, è la Calabria, con 47 milioni di chili ed una perdita del 34%, mentre al terzo posto è la Sicilia, dove si è assistito ad un taglio del 29% e ad una produzione di 39 milioni di chili. Il Molise rimane stabile, ovvero ha confermato il dato del 2017, che è pari a 3.601 tonnellate di olio.

La Coldiretti ha stimato che tale andamento negativo sarà di tipo mondiale. Infatti, è previsto un calo dell’8% dei raccolti, con una previsione di poco superiore a 3 miliardi di chili. Sembra che ciò dipenda dal crollo della produzione in Grecia, dove si è registrata una riduzione del 31%, con circa 240 milioni di chili, e in Tunisia, dove non si dovrebbero superare i 120 milioni di chili, a causa di un calo complessivo pari al 57%. Il Portogallo, invece, rimane per lo più stabile, proprio come il Molise, a 130 milioni di chili.

A confermarsi leader mondiale è la Spagna, dove si è stimato un aumento del 23%, che sembra corrispondere a circa 1,5-1,6 miliardi di chili. Si tratta di oltre la metà della produzione mondiale.

La situazione italiana

Il problema in Italia è che il maltempo ha danneggiato irreparabilmente circa 25 milioni di olivi. In alcune zone, addirittura, è stato distrutto il 60% della piantagione. A fronte di tale situazione, l’Unaprol (Consorzio Olivicolo Italiano) ha avanzato la richiesta di un finanziamento del Piano olivicolo nazionale (Pon), per riuscire a far fronte all’emergenza. L’obiettivo è quello di andare ad aumentare, nei prossimi 4 anni, la superficie coltivata ad ulivi, passando da un milione di ettari a 1,8 milioni di ettari. Ovviamente, a ciò dovrebbe corrispondere anche l’incremento delle aree irrigue, dove dovrebbero essere adottate innovative tecniche per favorire il risparmio idrico.

In questo modo si andrebbe a potenziare una filiera che è composta da 400 mila aziende agricole italiane, che producono la maggior parte dell’olio extravergine a denominazione protetta in Europa, con un patrimonio di circa 50 milioni di piante e di ben 533 varietà di olive, alcune anche molisane, quali la “Frantoio”, la “Gentile di Mafalda” e la celebre “Aurina di Venafro”.

Il problema dei sistemi di etichettatura a semaforo

A preoccupare in questo momento, come ha fatto sapere Aniello Ascolese, diretto regionale della Coldiretti Molise, sono i sistemi di etichettatura a semaforo, come quello riproposto in Gran Bretagna, che promuove con il verde alimenti spazzatura, ovvero che contengono edulcoranti al posto dello zucchero, e che boccia, invece, con il temuto rosso, prodotto genuini ed utili per mantenere in salute il corpo, come l’olio extravergine di oliva.